I “Santuari” e le nicchie misteriose
Le tre grandi nicchie cieche, note come “Santuari”, sono tra gli enigmi più affascinanti dell’acropoli di Alatri. Scavate nello spessore delle mura poligonali, non hanno funzione difensiva: potrebbero aver custodito iscrizioni o simboli sacri, legati a un più antico luogo di culto. Un segno enigmatico che intreccia memoria religiosa e monumentalità, e che ancora oggi affascina studiosi e visitatori.
Fra gli angoli più enigmatici dell’acropoli di Alatri si trova un tratto di mura che cela un mistero irrisolto da secoli: tre grandi nicchie cieche, scavate nello spessore della possente fortificazione e note con il nome evocativo di “Santuari”.
Queste cavità, profonde circa 90 centimetri e disposte in sequenza, emergono come elementi singolari e unici nel panorama delle architetture megalitiche dell’Italia centrale. La loro funzione resta ancora incerta: non si tratta di semplici soluzioni costruttive, ma di un preciso gesto progettuale, parte integrante del disegno originario della fortificazione tardo-repubblicana.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che le nicchie fossero destinate a custodire iscrizioni, pannelli votivi o elementi decorativi legati al culto. La loro collocazione non è casuale: esse si trovano proprio in corrispondenza di strutture più antiche messe in luce dagli scavi archeologici degli anni ’70, che hanno restituito tracce di un tempio arcaico e di spazi sacri precedenti alla monumentalizzazione dell’acropoli. È quindi possibile che queste cavità volessero mantenere viva la memoria di un luogo sacro più antico, integrandolo simbolicamente nella nuova cinta muraria.
Il visitatore che percorre via Gregoriana e si ferma davanti ai “Santuari” si trova così di fronte a un segno enigmatico, sospeso fra architettura militare e religione, fra difesa e culto. Sono feritoie senza apertura, finestre cieche sul passato che continuano a interrogare archeologi e viaggiatori.